Teatro

Luca De Fusco: NTF 2013, una felice Babele di linguaggi teatrali

Luca De Fusco: NTF 2013, una felice Babele di linguaggi teatrali

Siamo oramai alla vigilia della sesta edizione del Napoli Teatro Festival, la terza della direzione De Fusco. Un cartellone , quello quest’anno, che se da un lato subisce, nella quantità, il peso della crisi economica, dall’altro, relativamente alla qualità, sembra addirittura rafforzato. Un cartellone in cui appaiono artisti nazionali ed internazionali di grande rilievo, con drammaturgie che appartengono alla tradizione, ma anche tante novità.
Chiediamo a Luca De Fusco, qual è stata la linea che ha seguito per costruire il programma del NTF 2013
“La cosa a cui tengo di più è questa formula del cantiere d’arte teatrale . Quando io fui nominato Louis Pasqual mi disse “E’ una grande opportunità. Dirigere il festival è ancora più invitante che dirigere lo stabile, però ricordati che ci sono tre scuole attoriali nel mondo: quella inglese, quella russa e quella napoletana, quindi tu non vai in un luogo qualunque.” Perciò, come dico sempre, se si toglie Avignone alla storia del teatro francese, non cambia nulla, se si toglie Edimburgo a quella britannica idem, ma se si toglie Napoli alla storia del teatro italiano, togli gran arte degli artisti. Quindi non è solo una bella città, ma un luogo di produzione teatrale, pertanto questo mio terzo festival è quello che riconosco più mio come linea culturale, perché ho avuto più tempo da dedicare alla preparazione. Un regista internazionale come Arias, che ha spesso legato il suo nome a teatro musicale, ma non di repertorio napoletano, portare in scena “Circo Equestre Sgueglia” di Viviani rappresenta una sorta di innesto come quelli che portano all’invenzione di fiori nuovi, assolutamente interessante per chiunque abbia passione teatrale. E così sarà altrettanto interessante vedere come “La Bisnetica domata” con Mascia Musy diretta da Konchalovsky, che viene dal teatro russo (i suoi Cechov a San Pietroburgo sono dei veri e propri straordinari saggi di recitazione, che vedono impegnati, quindi i meravigliosi  attori russi), e come egli funzionerà nel dirigere il suo Shakespeare con attori italiani, e, cosa che non ha mai fatto, utilizzando una scenografia virtuale, tutta in video come un grande fumetto. La  terza curiosità mi riguarda personalmente. Come regista devo ringraziare il festival, senza il quale non avrei conosciuto la Vertigo Dance Company, e senza questa straordinaria compagnia di danza non avrei cominciato a lavorare con questo talentuosissimo musicista israeliano che si chiama Ran Bagno e non avrei pensato a quella che di fatto sarà una sorta di piccola opera in cui gli attori si esprimono grazie ad un recitar cantando in cui, non a caso, vengono evidenziati i rapporti tra oriente ed occidente, che sono i grandi temi di “Antonio e Cleopatra”. Ran, che in quanto israeliano appartiene alla cultura occidentale, ma indubbiamente influenzato dall’oriente, è egli stesso insieme oriente ed occidente. In scena ci saranno attori selezionati tra quelli appartenenti al teatro di regia, quelli che sono gli attori con cui lavoro da tempo, quali Gaia Aprea e Paolo Serra e, per la prima volta, Luca Lazzareschi, che sarà Antonio, che è stato l’ultimo Amleto italiano di grandissimo successo. Io inquadro gli attori in primi piani millimetrici, obbligandoli, con le cuffie alle orecchie a stare a tempo con la musica, e loro sono “costretti” a non risparmiarsi, rinunciando al mal vezzo di una certa categoria di attori che spesso dichiarano “Oggi non sto bene, e questa cosa non posso farla”. Altro grande evento è il ritorno del coreografo Ismael Ivo, che riprende il discorso aperto lo scorso anno coi ballerini napoletani. Purtroppo non sono riuscito ad infiltrare un musicista napoletano ad accompagnare Miriam Goldshmidt diretta da Peter Brook, ma allo stesso tempo l’idea che ogni giorno il grande regista porti il suo spettacolo in via Chiaia, e percorra la strada fino al Teatro Sannazaro, Teatro che egli stesso ha scelto per portare il suo Beckett, ci diverte moltissimo.
A queste grandi eventi si aggiungono gli spettacoli già andati in scena altrove per i quali il Napoli Teatro Festival rappresenta una vetrina per l’Italia. Tra questi “Desdemona”, di Peter Sellars, che ho avuto occasione di vedere e che è a mio avviso uno spettacolo straordinario, con una mervogliosa attrice, Tina Benko, che recita un monologo del premio nobel Tom Morrison, e la straordinaria vocalist afro Rokia Traorè, che riflettono sul tema della negritudine e della diversità attraverso il personaggio della moglie di Otello. Lo spettacolo, da cui presto sarà tratto un film, è stato acclamato in tutto il mondo e sul quale sono sereno perché, per l’appunto, ho già avuto modo di testarne la validità, così per quel riguarda lo spettacolo inaugurale “Don Quichote du Trocadèro”, una vera e propria festa teatrale, che è cinema, teatro e danza.
Ci sarà inoltre tanta drammaturgia, tanto teatro napoletano, italiano, e straniero. Non ho seguito, come mi era stato chiesto, un criterio di ripartizione equa, trovo la cosa aberrante, ma mi piace molto la mescolanza e la commistione fra i generi, che porterà alla difficoltà di distinguere se quello è uno spettacolo internazionale, napoletano, giovane e quant’altro.

Parliamo delle novità che riguardano le location di quest’anno, i teatri storici della città, Mercadante, San Ferdinando, Galleria Toledo, Sannazaro, ma anche la nuova “multisala” di Pietrarsa ed il ritorno a Città della Scienza, che assume quest’anno, dopo il tragico incendio, un significato diverso.
Certo eravamo gà stati alla Città della Scienza, ma quest’anno ci è sembrato doveroso tornare per una testimonianza importante. La grande novità è senz’altro Pietrarsa, da dove si vede il golfo di Napoli da una prospettiva insolita. Non ho sentito nessuno degli artisti che sono andati a visitare lo spazio che non si sia innamorato di quel posto. Lo scorso anno agli scavi archeologici di Pausillypon avevamo due sale teatrali, quest’anno a Pietrarsa abbiamo ben quattro sale: una all’aperto, due al chiuso ed addirittura un vagone ferroviario dove avrà luogo lo spettacolo di Rosa Pristina. Quindi, senza avere vincoli da sovrintendenze, abbiamo la possibilità di offrire un luogo dove si possa assistere, nella stessa serata, naturalmente in orari diversi, a più di uno spettacolo, con intermezzi di ristoro. Napoli, come si è detto più volte, è una città troppo grande per ospitare un festival, a confronto di Salisburgo , Edimburgo o Avignone, quindi l’idea è quella di creare una cittadella del teatro all’interno della metropoli.

Ci sono anche autori giovani in quest’edizione del festival
Certo ce ne sono nella selezione ufficiale ma anche all’interno del Fringe che appare meno demagogico, avendo scelto si portare in scena meno spettacoli, ai quali però daremo indistintamente un sostegno economico, pure se contenuto.

Come sono, dopo tre anni di direzione, i rapporti attuali con  la società teatrale napoletana?
Con la società teatrale napoletana i rapporti mi sembrano enormemente rasserenati. Non sono quel “revisore generale” che tutti avevano paventato, e credo non si possa negare che abbia dato spazio a gran parte degli artisti della città, ed ad altri mi piacerebbe dar voce, tra questi nn posso non annoverare coloro che fanno parte del progetto Museum, oramai fermo, e che spero di poter ospitare nella prossima edizione del festival. E sarei felice di avere al festival del prossimo anno uno spettacolo di Mario Martone. So che lui è spinto da ideologie che lo portano a dire di no, ma glielo chiederò.  Io non faccio inviti come se fosse una cena a casa mia, sto creando dei cartelloni teatrali, e non chiudo le porte a nessuno. Certo chi mi ha receduto si è invece comportato diversamente, un metodo che non ho mai condiviso, e che mi spinge a comportarmi diversamente 

Siamo quindi tutti pronti alla partenza, e che Teatro sia!